Chi sono
Il popolo Yanomami è una delle ultime grandi nazioni indigene del Brasile e del Venezuela, una delle ultime etnie di indios che conserva ancor oggi i modelli culturali di origine, mantenendo intatta l’identità, la lingua e l’organizzazione sociale. Dai dati che si possiedono, risalirebbe a circa 12 mila anni fa.
Questo popolo rappresenta il simbolo più radicale di resistenza ai processi di omologazione culturale, alla volontà di sopraffazione e distruzione di cui è vittima.
Varie sono le ipotesi circa il significato del nome: una lo fa derivare da yano = casa, capanna e da mam, un suffisso che indica il concetto di costruttore e quindi Yanomami significherebbe “costruttore di case”; un’altra, trova l’origine del nome della divinità Omama che vive nel fiume e che è fonte di vita per cui, Yanomami significherebbe “figli di Omama”.
Figli della foresta
Gli Yanomami si considerano figli della foresta "urihi" e della terra che considerano madre, quindi non comprendono il nostro concetto di proprietà e il fatto che la terra sia oggetto di compra-vendita.
L'utilizzazione delle risorse naturali è, per gli Yanomami, il risultato di una lunga e perfezionata tradizione che ha raggiunto un punto di equilibrio tale da permettere a questo popolo di crescere in una regione poco fertile senza distruggere l'ambiente.
Con l'ausilio delle loro conoscenze, gli indios hanno sviluppato un sistema sociale, politico ed economico che privilegia la dispersione territoriale perché un'alta densità demografica porterebbe al rapido esaurimento delle risorse disponibili[1].
Scopo della cultura yanomami è che i -theri (gli abitanti di una stessa località) stiano bene. La preoccupazione principale è avere, attraverso la magia, le alleanze politiche e i mezzi economici, una o più spose, abbondanza di figli maschi e cibo.
L'avidità del possedere non ha però ancora contaminato la loro cultura: donano o prestano con facilità oggetti e mezzi a parenti e conoscenti e non si preoccupano eccessivamente se l'oggetto prestato non viene restituito o se viene perso.
- ^ G. Eusebi, A Barriga Marreu! Il genocidio degli Yanomami, Edizioni Sonda, Torino 1990, 119.