Come vivono

La maggior parte delle 700 comunità yanomami sono seminomadi e autosufficienti. Vivono cacciando, raccogliendo prodotti della foresta e pescando, coltivano frutta e verdura in piccoli orti, in cui usano la pratica della rotazione per permettere alla terra di riposare. 

La connessione con la natura è per loro molto importante poichè si reputano discendenti di Omama, il creatore di tutto l'universo, dell'uomo, quanto degli alberi, dei fiumi, degli uccelli, degli animali e delle montagne. 

Hanno una straordinaria conoscenza botanica e zoologica: usano 500 specie di piante della foresta pluviale per cibo, materiali da costruzione, tossine (veleni) per la caccia e medicine.

Vivono in malocas di paglia, costruite collettivamente che generalmente ospitano da 40 a 200 persone. Ogni famiglia è contraddistinta da un fuoco e ogni maloca può ospitare più fuochi. Ogni capo famiglia è considerato come il capo da cui dipende l'organizzazione del nucleo familiare costituito normalmente da più famiglie.

La proprietà personale è molto limitata. 

I bambini

Il bambino yanomami trascorre i primi tre anni di vita corpo a corpo con la madre che lo porta legato a sé.  Appena il piccolo si stacca dalla mamma, è la comunità che si prende cura di lui e lo introduce nella vita degli altri bambini.
Giocando impara le regole del galateo nei confronti dei genitori, degli anziani, dei coetanei, di parenti ed ospiti, le tecniche di caccia (i maschi) e a "fare la mamma" (le femmine).  

C'è un giocattolo che è comune a maschi e femmine: il coltello.
Fin dai primi mesi di vita, le mamme mettono il coltello in mano ai bambini che imparano a difenderlo come proprietà esclusiva. Nella cultura yanomami, il coltello è uno strumento di lavoro, mai arma da guerra o da caccia. Queste funzioni sono affidate a grossi bastoni, all'arco e alle frecce che già a quattro anni sanno usare con maestria.

I giochi si svolgono nel cortile interno dell'abitazione comune[1].

 

  1. ^ da: Andare alle genti, aprile 2011