Un popolo minacciato
Negli ultimi cinquant’anni è mutato il modo di considerare l’Amazzonia ed in particolare i popoli indigeni che vivono questo territorio.
Mauricio López Oropeza, già segretario esecutivo e co-fondatore della REPAM (Red Eclesial Panamazónica / Rete Ecclesiale Panamazzonica) che collega le conferenze episcopali e le comunità ecclesiali dei nove paesi della regione amazzonica ed ora segretario esecutivo della CEAMA (Conferencia Eclesial de la Amazonía / Conferenza Ecclesiale dell'Amazzonia) ebbe a dire in un’intervista:
«Prima l’Amazzonia era il patio trasero (cortile di casa) del pianeta. Era vista come una terra praticamente disabitata che occorreva dominare, controllare, colonizzare. Le sue popolazioni erano considerate composte da indios selvaggi da civilizzare. Oggi l’Amazzonia si è trasformata in plaza central (piazza centrale) a cui tutti accorrono a causa degli enormi interessi che su di essa si sono scatenati»[1].
Interessi che si sono rivelati minacce e grossi problemi anche per la sussistenza degli Yanomami.
Tra questi ricordiamo:
- l’attività estrattiva in particolare di petrolio e risorse minerarie quali il ferro, l'uranio e altri minerali, quasi tutti esportati da multinazionali. Il bacino minerario, ha comportato anche la costruzione di un’apposita ferrovia per il trasporto dei materiali e la polvere nociva danneggia la foresta;
- la corsa all’oro con i garimpeiros e il travaso di mercurio nelle acque;
- il traffico di legname pregiato;
- l’espansione delle coltivazioni di soia che hanno portato ad un disboscamento incontrollato che ha messo a rischio tutto il ciclo dell’acqua;
- ...
Questi sono solo alcuni dei gravi interventi che stanno causando la distruzione dell’ambiente, della cultura amazzonica: un vero e proprio genocidio programmato e perseguito.
Ci sono state alcune iniziative in difesa della popolazione come ad esempio la lunga campagna internazionale condotta da David Kopenawa Yanomami, da Survival International e dalla CCPY (la Commissione Pro Yanomami) che, nel 1992, ha permesso di demarcare la terra brasiliana degli Yanomami come “Parco Yanomami” ed espellere i cercatori d’oro. Tuttavia, dopo la demarcazione, la situazione non si è modificata infatti, i cercatori d’oro sono rientrati riaccendendo le tensioni e il governo del capitano Jair Messias Bolsonaro ha ulteriormente aggravato la situazione.
L'8 febbraio 2023 il nuovo governo Lula, in collaborazione con l' Agenzia di Protezione Ambientale Ibama, il Dipartimento agli affari Indigeni Funai e le Forze nazionali di pubblica sicurezza, ha avviato una operazione contro i ricercatori d'oro ma gli Yanomami rimangono comunque un popolo gravemente minacciato.
Per approfondire:
https://patrimoniodigitale.diocesitn.it/it/159/descrizione?fulltext_t=yanomami
https://www.greenpeace.org/italy/storia/5903/amazzonia-deforestazione-violenza-popoli-indigeni/
https://www.sapereambiente.it/mondo/terra-agli-yanomami-in-brasile-lula-caccia-i-garimpeiros/
http://www.mondopoli.it/2023/04/19/brasile-crisi-umanitaria-tra-gli-indigeni-yanomami/
https://www.avvenire.it/mondo/pagine/yanomami-genocidio
https://www.survival.it/
- ^ P. Moiola, La «maledizione dell’abbondanza», in Nohimayu – L’incontro. Amazzonia: gli Yanomami e il mondo degli altri. Storia della Missione Catrimani, EMI, Verona 2019, 94.