Garimpeiros
La parola Garimpeiro fu coniata nello stato del Minas Gerais all’inizio del 1600. Indicava quegli uomini che, non rispettando il monopolio dei portoghesi, lavoravano nascosti nelle grimpas delle miniere. Garimpeiro quindi, è sinonimo di clandestino, illegale.
Garimpeiro è il padrone e l’operaio. Il garimpeiro può essere un sommozzatore che si immerge in fiumi inquinati, come il Rio Tapajós, o un minatore che scava nelle montagne, come a Serra Pelada.
Garimpeiro è il contadino povero che lavora manualmente nello stato del Maranhão, o un impresario coreano, proprietario di enormi draghe automatiche nel letto del Rio Madeira. Tutta questa varietà è il garimpero presente in quasi tutta l’Amazzonia.
La storia del garimpo è antica, legata alla fame di oro dei conquistatori. Dalle prime spedizioni del XVII secolo nel nordest brasiliano, organizzate dai gesuiti, che utilizzavano gli schiavi come mano d’opera, si è arrivati agli anni ’60, quando nello stato del Parà si sperimentò l’attuale modello, basato sul trasporto aereo e sul monopolio delle piste di atterraggio nella foresta. La scoperta di nuovi giacimenti ha richiamato migliaia di immigrati senza terra.
Le città amazzoniche sono esplose improvvisamente. La frontiera “agricola” è diventata la frontiera garimpeira.
Le relazioni sociali nel garimpo si sono trasformate radicalmente: il tradizionale sistema di estrazione manuale è stato sostituito dalle macchine; la “legge del garimpo”, un rigido codice d’onore di stampo precapitalista, fatto di solidarietà umana e di omertà, è stata superato da una concezione “manageriale”, violenta, dove dominano gli impresari con grossi capitali da investire, completamente estranei a questo mondo.
Chi sono i garimpeiros in Amazzonia?
In una ricerca del 1984 condotta dall’università de Minas Gerais, furono intervistati 500 garimpeiros operanti in tre diverse regioni amazzoniche. I risultati ottenuti permisero di tracciare un profilo sociologico del garimpeiro medio.
È originario della stato del Maranhao, con un’età compresa fra i 15 e i 30 anni, analfabeta, proveniente dall’area rurale dove ha lavorato con il padre affittuario di un terreno ed è emigrato in cerca di lavoro poiché l’attività agricola non permetteva sufficienti condizioni di vita alla famiglia. Informato da amici e parenti, entra nel garimpo, rimane pochi mesi nello stesso luogo, anche se la mobilità è ristretta a poche regioni. Guadagna molti di più cercando oro che lavorando la terra, ma dilapida quasi tutta la rendita in alcool e donne. Chi riesce a risparmiare qualcosa, compera bestiame, che affida alle cure della famiglia. Contrae spesso la malaria che considera l’inconveniente peggiore del tipo di vita che conduce. Nella stagione delle piogge, quando è impossibile lavorare, torna in famiglia e collabora al lavoro agricolo o si sposta in altre regioni di garimpo. I più vecchi vorrebbero abbandonare la “professione” e lo farebbero immediatamente se avessero un’alternativa. Ai più giovani non interessa nessuna alternativa: vogliono continuare nel garimpo possibilmente in aree dove l’oro sia abbondante.
I garimpeiros sono vittime di questa situazione come gli indios. Il fatto che stiano devastando le aree indigene e che guadagnino mediamente più della grande maggioranza dei lavoratori brasiliani, non significa che non siano anch’essi degli sfruttati.
La maggior parte della ricchezza prodotta va a finire nelle mani di intermediari: finanziatori, proprietari dei macchinari, piloti di aerotaxi, commercianti e contrabbandieri.
Il garimpo non è una soluzione, è un sintomo della degradazione umana e dell’ambiente. Il garimpeiro è un uomo disperato che scommette sul futuro, nella speranza di rifarsi una vita. Per realizzare questo sogno si sottomette a condizioni disumane di lavoro, per arricchire gli intermediari, coloro che realmente “trovano l’oro”[1].
Estrazione oro - inquinamento ambientale
Il processo di estrazione mineraria nelle terre degli Yanomami è rudimentale. L’inaccessibilità della foresta e la peculiarità dell’oro presente in Roraima rendono estremamente laboriosa l’attività estrattiva. Vi è un’enorme concentrazione di minerali pregiati in queste regioni (oro, diamanti, cassiterite, rame, zinco, molibdeno, uranio).
L’oro si trova sepolto a pochi metri di profondità e possiede un grado di purezza superiore al 90%, tra i più alti del mondo.
L’estrazione richiede tecniche particolari, adatte all’ambiente. I garimpeiros che lavorano nei fiumi, operano nelle balsas (draghe) che aspirano il fondo con delle grandi pompe. Il mergulhador (sommozzatore) rimane alcune ore immerso a direzionare i tubi che aspirano la fanghiglia. La sua vita è legata alle bombole di ossigeno e a una corda con la quale comunica – attraverso degli strattoni – con i compagni in superficie.
L’insieme di acqua e detriti aspirato dalle pompe passa lungo un piano inclinato in legno: il minerale, più pesante, si deposita e viene poi “lavato”. Acqua, combustibile e sabbia ritornano sporchi nel fiume.
Sulla terraferma, invece, si disbosca l’area circostante alla zona prescelta. Usando la forza del getto d’acqua degli idranti come fosse un piccone, si scava il terreno approfittando della natura generalmente friabile del substrato della foresta. Anche in questo caso il cascalho (insieme di acqua e detriti) viene aspirato dalle pompe e fatto scendere lungo un piano inclinato che trattiene il minerale e fa scorrere via l’acqua.
Gli uomini passano tutto il giorno nel fango, in condizioni igieniche e di sicurezza terrificanti. Il lavaggio dei detriti è molto lungo e accurato, fatto con strumenti arcaici, come la caratteristica bateia (una bacinella di alluminio), che i garimpeiros maneggiano con destrezza, facendo depositare sul fondo solo i granellini d’oro. Per amalgamare il pulviscolo raccolto si usa il “famigerato” mercurio che ha la proprietà di fissare i minerali.
Mescolato ai detriti, dopo qualche minuto, il mercurio si indurisce e forma un'amalgama compatto che viene compresso ripetutamente dentro un panno per espellere le impurità. Si calcola che per ogni grammo di oro estratto, vengano utilizzati da 1,5 a 2 grammi di mercurio.
L’ultima fase della lavorazione serve a separare l’oro dal mercurio, utilizzando la fiamma ossidrica: il procedimento è ripetuto due volte, una prima nel garimpo e successivamente in città, nelle case di compravendita. Il mercurio, quindi, inquina due volte: quando viene gettato nei fiumi per amalgamare il minerale e quando viene fuso per separarlo dall’oro. Le esalazioni di mercurio infestano l’aria come vapori nel processo di fusione e ricadono successivamente, condensati sotto forma di pioggia, contaminando persone, fauna e flora, anche in posti lontani dai luoghi di estrazione e raffinazione.
Poiché il mercurio è altamente tossico, i garimpeiros sono i soggetti esposti al maggior rischio di contaminazione. Ma le ultime ricerche, effettuate da scienziati giapponesi attraverso l’analisi di campioni di pelle e capelli, hanno rivelato che anche la popolazione delle città amazzoniche prossime alle aree di garimpo è soggetta a tassi di contaminazione superiori di molto ai limiti massimi stabiliti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Nell’acqua il mercurio passa da una fase inorganica ad una organica, provocando la sua assimilazione da parte degli organismi viventi.
Ci sono seri rischi che Roraima e gli stati amazzonici coinvolti in questo fenomeno siano afflitti dall’”effetto Minamata” la Chernobyl del mercurio.
Tra i sintomi che caratterizzano le forme di contaminazione da mercurio più gravi ci sono: collasso cardiovascolare, insufficienza renale, lesioni gastrointestinali fino al coma e alla morte. Le intossicazioni meno acute presentano patologie varie: infiammazione della bocca e delle gengive, alterazioni psicologiche e motorie, problemi genetici, impotenza sessuale, disturbi visivi, insonnia, irritabilità, perdita di memoria, depressione, allucinazioni, melanconia suicida e psicosi maniaco-depressiva[2].