Le feste
Molteplici sono le occasioni per fare festa tra gli Yanomami: una buona caccia, una pesca abbondante, un buon raccolto, ....; la festa si prolunga per vari giorni. Durante la festa devono essere preparate le pizze di beijù che saranno donate ai visitatori.
Generalmente nel primo giorno è compito delle donne sbucciare al centro dello yano (maloca) tutta la manioca trasportata dagli uomini, è compito di questi quindi lavarla e sistemarla in un gigantesco contenitore fatto di pali intrecciati. Nel giorno seguente le donne, ornate e dipinte con urucù, dovranno grattugiare i tuberi di manioca dentro una canoa di scorza di evira, appositamente preparata dagli uomini. Le donne devono essere ornate e dipinte perché questo rito è già parte preliminare della festa.
Gli uomini a loro volta dovranno spremere la manioca grattugiata e collocarla in un nuovo contenitore appositamente preparato.
Nel giorno successivo il beijù rituale verrà cotto dalle donne. Ciascuna donna cuocerà la sua parte di massa di manioca sul fuocherello familiare. Tutte le pizze profumate verranno raccolte in un unico luogo e conservate per il rito finale. La sera del secondo giorno le ragazze e le bambine fanno la loro danza nel grande spiazzo comune. Formano due linee che si intersecano, avanzano e si allontanano. Nel frattempo, una donna anziana canta e il coro ripete le strofe che suscitano ilarità.
Il terzo giorno continuano i lavori di preparazione del beijù ed eventualmente della punha. Durante la notte può aver luogo la danza degli uomini.
L'ultimo giorno vede l'esperienza comunitaria dello yakoana, allucinogeno che gli indios di sesso maschile aspirano portandolo al naso con le dita oppure soffiandoselo vicendevolmente nelle narici con un bastone cavo. È il momento della festa in cui tutti tornano ad ornarsi e a rinnovare le pitture corporali. A notte c'è il waymù. Vi partecipano gli adulti, due per volta. Un rappresentante degli invitanti e uno degli invitati, in piedi, in mezzo alla maloca e quindi accoccolati, si scambiano le notizie ufficiali in forma di canto rituale, il waymù, appunto. Per questo si servono di una "lingua franca", arcaica e, in un certo senso, anche commerciale, perché in uso presso diversi gruppi. Il waymù è iniziato dai più giovani e va avanti nella notte, mentre subentrano i più adulti e poi gli anziani. Finisce verso la mezzanotte.
A conclusione c'è il canto finale, Ayaimù. È un canto ritmico molto impegnativo e stressante tra due persone, nella stessa lingua arcaica del waymù, il canto iniziale. Gli uomini si dividono in gruppi di due o tre disseminati nel grande spazio della maloca e dialogano a lungo, poi si separano e formano gruppi sempre nuovi, per ringraziarsi a vicenda e per programmare altre feste[1].
- ^ Cfr. G. Francia, Finestra sull'Amazzonia: gli indios Yanomami, EMI, Bologna 1990.